Una Piazza. Luogo di Incontro. Luogo di Passaggio. Nessun Luogo.


2007

Stampa Digitale

Fondazione Teseco per l’Arte

Pisa


E’ difficile spesso percepire quella che è l’essenza di un luogo e ciò che esso può evocare e comunicare al di là dei suoi significati primari di congiunzione e funzione logistica.

Da sempre la Piazza ha rappresentato nell’immaginario collettivo, e nel mio specialmente,  il luogo delle interazioni sociali e di raccoglimento della comunità: basti pensare all’Agorà della Polis greca che si caricava non solo di una funzione sociale, ma anche di un valore ulteriore, quasi mistico.

Ciò su cui mi interrogo è proprio su quanto di questi significati, legati al vivere i luoghi, siano riusciti a permeare all’interno della società contemporanea; specie nella città, la cui repentina trasformazione ha modificato non solo gli aspetti, ma anche i modi di fruizione e percezione dello spazio che ci circonda.

Credo che attraverso l’arte si possono toccare quelle corde emotive che possono innescare un meccanismo di riflessione sui significati e le essenze ulteriori dei rapporti che intercorrono tra gli esseri viventi e lo spazio circostante nei quali essi operano; una sorta di riflessione sul valore dell’habitat e le sue interconnessioni emotive, che può forse avere un retaggio ancora nel mondo animale.

La cosa che più mi colpisce, girando per le strade di Milano, è la completa assenza di una rete di interconnessione tra gli individui negli spazi urbani: non mi è mai successo di  incrociare, anche solo per caso, lo sguardo di una persona, come se esistessero dei binari prestabiliti dai quali non poter deragliare, forse perché non ci siamo mai posti il problema di farlo: per questo mi sono avvicinato a quello che è l’operazione artistica al di là dei luoghi predisposti per l’arte. Perché predisporre un luogo per l’arte, significa chiudere l’arte e contenere quel deragliamento in uno spazio.

I molti giovani radunati nelle piazze mi hanno suggerito l’idea di essere in attesa di un qualcos’altro e di vivere quella che è la realtà di un luogo come un non-luogo: la piazza è percepita solo come momento temporaneo, un attendere il nuovo luogo deputato dell’interazione sociale. Il Pub, la Discoteca o il Locale.

La piazza, nonostante appaia come luogo di interazione, non viene percepita come tale e mi chiedo allora cosa possa essere: un luogo di incontro? Un luogo di passaggio?

La risposta credo possa arrivare dall’annullamento di tale luogo: il disorientamento che deriva dall’impossibilità di interagire con esso in maniera fisica restituisce quello che è il sentimento degli abitanti verso quello spazio, quasi una presa di coscienza di quello che esso rappresenta per il loro vivere quotidiano.

Citando il “Quadrato Bianco su Fondo Bianco” di Malevic come teoria suprematista della Non-Rappresentazione e consequenziale annullamento della forma attraverso la forma stessa, l’operazione sullo spazio consiste nel raggiungere l’annullamento di esso ponendo una superficie “pittorica” totalmente bianca che impedisce l’interazione con lo spazio fisico e materico della piazza.

Ma non con la superficie stessa.

La geometrizzazione della forma  non dà origine a una forma geometrica regolare in quanto essa è il risultato della sottrazione dei flussi di individui che interagiscono con lo spazio per ottenere l’area di risulta che evidenzia quali sono realmente i limiti delle linee di interazione con la Piazza: l’oggetto in sé viene a costituirsi attraverso un enorme rivestimento della superficie in balsa, trattato con delle vernici bianche per ambienti esterni.

Quello che resta della piazza, in seguito all’operazione, è la sua funzione di interazione sociale.

Attraverso l’annullamento della sua fisicità, la piazza resta dunque un luogo di incontro a livello ideale che permette ai diversi stati d’animo, alle diverse percezioni e ai modi di sentirsi e di rapportarsi ad essa, di interagire in maniera attiva. Se la piazza in sé permetteva un’interazione di “corpi”; attraverso l’annullamento del suo “corpo” fisico si cerca di arrivare a un’interazione tra le idee che portino a una riflessione sulle potenzialità a livello sociale di tale luogo, così come viene percepito dalla sua anima:

la Gente.

Sono convinto che la potenza del vuoto stia nel riuscire a far riflettere. La mancanza è in realtà satura di pensieri che non conoscevamo o non volevamo ascoltare: se vuoi far capire a qualcuno il peso di qualcosa, lo devi privare di essa e ,nell'assenza, si riflette su ciò che significava la sua presenza.. Ogni essere umano funziona così, con più o meno resistenze, ma tutti in qualche modo siamo toccati da un cambiamento che ci sottrae qualcosa, specie se è qualcosa di quotidiano e comune.

Il nostro campo percettivo è fatto di “cose” e “vuoti tra le cose”: per cose si intende ciò che non si è mai visto muoversi: delle case, i monti, il sole. Se ci mettessimo a vedere come cose gli intervalli fra di esse, l’aspetto del mondo muterebbe sensibilmente.


ciò che sembra vuoto è in realtà uno spazio bianco su cui c’è sempre molto da scrivere