Twister Visiting Artists

Un progetto in collaborazione con

Twister - Reti Musei Lombardia per l’Arte Contemporanea

GAM- Galleria d’Arte Moderna, Gallarate (Va)

UnDo.net


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(muse)um

2010

Video DV

IPOTESI PER UN MUSEO DIFFUSO


“Museum have to work in close collaboration with the communities from which their collections originate as well as they serve"

(ICOM Code of Ethics for Museum, 4 November 1986)


L’ICOM definisce il museo come un luogo al servizio della società e del suo sviluppo; un luogo dunque generatore di interconnessioni con lo spazio e il tempo che lo connota, il presente.

Ogni tipologia di Museo si relaziona con la sua attività specifica ed a una temporalità che non sempre è quella del presente, come un museo di arte antica, di storia, un museo etnografico, e quasi per necessità la relazione con il suo spazio fisico si soddisfa all’interno degli spazi stessi del museo, anche per necessità. L’attività relazionale con il pubblico scaturisce inevitabilmente con la fruizione della collezione interessata.

Il Museo d’Arte Contemporanea invece si trova di fronte a una relazione con il tempo che è “in atto” e che quindi non può essere pensata sulla base di un atteggiamento “conservativo” proprio perché l’attimo “in atto” è qualcosa che non si può fermare in un processo statico.

La domanda è se davvero un Museo che si definisce d’Arte Contemporanea possa definirsi uno specchio dell’Arte al Presente e un luogo della contemporaneità, proprio perché nell’atto di conservare c’è uno scarto con quello che è verificare il momento “in atto”, che inevitabilmente è già passato.

Inoltre, la produzione artistica contemporanea si è aperta a una tipologia di fruizione dell’arte che si è svincolata dalla necessità di una sede, proprio perché l’esperienza estetica vive uno stato di democratizzazione che dà più ampio spazio all’esperienza estetica vissuta nel processo che nella finalità oggettuale del lavoro.

Non è sicuramente messo in discussione il ruolo e la funzione del Museo, così come definito dall’ICOM, ma semplicemente provare a interrogarsi se veramente nella contemporaneità, per la contemporaneità, questa forma di dispositivo funzioni ancora.

Gli interni dei Musei hanno subito una trasformazione radicale: i musei moderni possono incrementare le loro entrate con i profitti ricavabili da ristoranti, librerie e vendita di articoli da collezione: ciò ha trasformato il loro contesto ambientale e il loro potenziale.

Nascono i Museum Shop e le loro filiali, come nel caso del Metropolitan Museum di New York nella Midtown e a Soho.


Il progetto Twister ha nelle sue premesse la creazione di una Rete museale che metta in relazione i Musei di un territorio fisico con il suo territorio emotivo, gli abitanti.

Ma questo territorio emotivo è davvero nelle corde della contemporaneità di questo intento?

L’intento relazionale col presente delle opere svanisce decisamente in un sentimento di volontà espositiva relazionata al museo, come sempre.

La vera attivazione con il territorio si ottiene quando si vuole rischiare di perdere il controllo di ciò che si ha creato, proprio perché si passa da un monologo a un dialogo, e si dà la possibilità all’altro di poter condurre una parte del gioco, per creare uno scambio reale e sincero tra emittente e destinatario, come in una comunicazione onesta.

E’ chiaro che per un’istituzione ciò si avvicina all’impensabile. Ma non all’impossibile.

Il pubblico attuale o futuro è l’altro elemento che caratterizza il museo che deve conservare le proprie opere per le future generazioni, garantendo al tempo stesso la possibilità a tutti di apprezzarle e conoscerle.


Ma se l’opera non è un oggetto? Non diventa un oggetto perchè pura esperienza?


Nei suoi criteri di selezione, Twister mi ha suggerito come il Museo ancora imponga un forte scarto tra una produzione oggettuale e una produzione processuale nel contemporaneo, e così facendo offre una visione parziale di quella che può essere l’Arte di un Tempo Storico.

La contemporaneità di Twister, del Museo in generale, la trovo proprio in questa necessità della possessione di un oggetto, un feticismo che è connaturato alla Storia e all’Attività tradizionale del Museo ma che nel Museo d’Arte Contemporanea o in un museo che si relaziona con la contemporaneità non mi riesce più a convincere.

Nella mia ipotesi di progetto ho deciso di giocare con la creazione di un ipotetico Museo Diffuso, da cartografare nella quotidianità del nostro territorio fisico ed emotivo, di percepire realmente come si realizza l’esperienza estetica nella dimensione del Reale e del Quotidiano

Pensando alla GAM di Gallarate e all’aspetto celebrativo del suo fronte e alle spalle del museo che si affacciano sul mercato comunale della città, riporto ciò che dice John

Rikwert:


“Nella città contemporanea si tratta di contrapporre soventemente un modello della città delle diversità, vitale e spontanea, a una sterile città della pianificazione e dell’ordine: gli attivisti contrappongono alla città ordinata dei vari disurbanisti e utopisti, da Ebenezer Howard a Le Corbusier, la città caoticamente vitale della

comunità. Oggi la città è un insieme di reti disposte da esperti del traffico e da specialisti sanitari che lasciano ai costruttori e agli speculatori l’incarico di riempire gli interstizi: è la città dell’efficienza per il profitto. Senza comunicazione con i cittadini, vera anima della città.”


Appunto.

pfp


Performer: Alessandra Zanchetta

Shooting and Editing: Pierfabrizio Paradiso

Special thanks to Galleria del Corso di Corso Vercelli, Milan; Palazzo Reale, Milan; Fondazione delle Stelline, Milan.

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